ARLECCHINO IV
Qui non richiamo, facendomi aiutare dalla musica come in Arlecchino III, la memoria dipinta, ma vado direttamente al nocciolo della questione. Decisamente mi dirigo al centro di smistamento delle emozioni pittoriche, alle semplicissime due dimensioni – fisiche – delle superfici dipinte; in una parola, né più né meno che alla pittura.
Rivestendo, completamente o in parte, figure e forme varie che hanno dato negli anni identità e corpo originali a ogni nuovo ciclo che ho intrapreso, arrivo alla quarta fase della saga di Arlecchino.
E’, questa nuova sequenza di avventure, rivissute con uno sguardo mosso da un nuovo interesse per un lavoro apparentemente già archiviato, un compendio, un’antologia ricoperta di rombi che vivono ancorati a seriosi aquiloni vestiti di artigianali camicie e cravatte, in un’ora subacquea algida di cerei bianchi e umidi grigi. L’elementare e primordiale macchina volante che di quadro in quadro si ripete con poche varianti, collegata per un angolo e con un filo alla parte del dipinto che invece differenzia un pluriball dall’altro, è un perfetto quadrato diviso in quattro parti uguali: una, con una campitura più scura delle altre, è il collo, due il colletto della camicia, mentre al centro della rimanente c’è la cravatta che termina in una delle tre frange attaccate all’aquilone, che come ali e coda permettono e dirigono il volo. Il 15 novembre del 2011 è morto mio padre. E’ probabile che questo evento abbia contribuito a dar forma ad Arlecchino II, III, e IV. I titoli dei dipinti: Arlecchino per tutti, e poi M4, ’84, Feliscatus, Arancia azzurra, L’isola, Cactus, Le conchiglie, Il dondolo, Onde naufraghe, Tavolozza, Dracula, Natura non-morta, Hamlet, Sostra, La cornice, La tempesta, Frankenstein.
G.S.