1966-78
La pittura di Sicula nasce dalla fruizione di elementi a lungo sedimentati che affiorano e si coagulano, sia che provengano da una cultura artistica facilmente definibile, sia che derivino da una protesta contro l’attuale condizione umana. Il tema della solitudine con le sue profonde connessioni di ordine psicologico, appare, accanto a quello dell’alienazione e dell’angoscia, il tema predominante, attuato attraverso un collage della memoria come di immagini venute fuori dallo snodarsi di tanti fotogrammi in una moviola impazzita e la cui persistenza visiva si attua e si realizza in una superficie fitta di figurazioni colte in angolazioni diverse. Il processo di visualizzazione e di percezione ottica è spinto fino al limite della rottura, ma la sequenza filmica, in una sorta di assemblagge di storie umane ansiose, sempre compresenti in brani drammatici, felicemente supera l’impatto descrittivo per strutturarsi in una esperienza visiva di indiscussa capacità suggestiva. Sicula si fa attento e riflessivo interprete del suo tempo nella aspra ed inquieta tensione che nasce dal contrasto tra evocazione e racconto; tra pura espansione lirica e volontà di rendere conto circostanziato dello scenario della storia dell’uomo. Per questo il suo linguaggio è acuto, tagliente, sezionante, quasi per aprire l’opaca durezza delle situazioni e mettere a nudo una verità tutt’altro che consolante: una verità di inquietudine, di strazio e di crudeltà. Il segno è netto e lucido dentro un’atmosfera di sospensione creata dalle tinte dominanti del grigio, del bianco lacerante, totalmente sorretto da una gamma limitata e parca di colori intermedi. Ne viene fuori una simbologia umana di intensa vibrazione, una pittura di impercettibili attriti, di sgomenti improvvisi e di tensioni affioranti, un diario umano affidato non solo al veicolo esaltante della memoria, ma al fluire denso di una precisa coscienza etica.
Giovanni Cappuzzo
…Le opere pregne di virile fantasia e al tempo stesso di amara contemplazione di fronte all’esistenziale travaglio dell’uomo, evocato con precisa ed allusiva simbologia, comunicano con stupore in chi guarda, un messaggio da cui emerge la persuasione di una continuità ininterrotta fra passato e presente, fra sogno e realtà, dove figure e soprattutto volti umani divengono fantasmi, specchio di una coscienza inquieta. Perciò le figure si presentano in dimensioni prospettiche polivalenti cui l’intensità timbrica condotta su pochi valori cromatici conferisce una patina suggestiva. Si ha l’impressione che Sicula si rivolga alla determinazione di forme plurievocative ma il risultato supera ogni ambiguità per articolarsi in una dimensione sofferta e dolorante, anche perché protagonista indiscusso delle sue figurazioni resta l’uomo calcato in una bruciante attualità storica. Si ha pertanto modo di constatare che la sua opera nasce da una più profonda radice in cui forza istintiva d’urto e meditata capacità di sintesi rappresentano punti fermi di un processo dialettico ricco di tensione, quasi che il pittore conoscendo i pericoli dell’emotivo ne tenti l’elusione trasferendo l’istanza in un ordine razionale. Una pittura sofferta, questa del giovane Sicula, quasi una piaga costantemente aperta e sanguinante nel costato pulsante della odierna civiltà tecnologica.
Franco Lo Cascio
Ormai da qualche tempo Gaspare Sicula sta seguendo un chiaro discorso tutto giocato sulle sovrapposizioni della figura umana e denso di cromatiche eleganze. Nell’ordine di un’analisi rigorosa, che vive secondo i canoni dell’emozione ma che non dimentica i valori della ragione, Sicula riesce ad esprimere un distaccato gusto per le espressività psicologiche. Dove i personaggi si amalgamano dentro uno sfondo di scenografici fondali l’immanenza della realtà si fa più viva, aperta a diverse prospettive. Più che un discorso il suo è un racconto che si articola dentro un esatto binario, non ermetico ma aperto agli scontri con la vita reale. A volte in chiave quasi mistica, ma spesso capace di rispecchiare gli acuti gridi dei suoi interpreti umani.
Giuseppe Servello
Gaspare Sicula, ancora giovanissimo, ha conquistato già mezzi idonei ad esprimere, in una moderna figuratività, un mondo profondamente angosciato dove le immagini si muovono come larve, come fantasmi avvolti nei loro sudari, ombre grigie emergenti dai fondi scuri con inquietante presenza. La drammaticità di queste situazioni è accentuata spesso dal replicarsi dello stesso atteggiamento in una serie di figure, oppure all’improvviso moto di un volto che, in sequenze sovrapposte, mette a nudo moti interiori e disperate paure. L’insistenza su questa tematica, l’assenza di gioia e di sorriso nell’intera produzione, non ci sembra dovuta a influssi esterni o a mode importate, ma ad una severa riflessione sulla vita di una umanità alienata… …La figura umana è sempre presente in questi quadri, volti doloranti evidenziati da luci radenti che sprofondano nell’ombra, le orbite e le bocche semiaperte nel lamento o nell’invocazione. Le mani si protendono verso i primi piani in arditi scorci, in accorati gesti, le vesti fluttuano in un tormentoso intricarsi di pieghe. Schermi trasparenti, quinte mobili immateriali, vani di fittizie porte e finestre giocano di pieno e di vuoto negli ambienti luminescenti dominati da grigi chiari o scuri intesi a creare uno spazio irreale. Le immagini si moltiplicano negli atteggiamenti più vari coinvolgendo il riguardante a meditare sul dramma dell’esistenza, sulla triste condizione umana da cui è scaturita tale pittura. Sicula dunque ha compiuto la sua scelta critica sulla società odierna, ed in conseguenza si è immesso in un filone artistico che ha le sue radici nel realismo contemporaneo e che tiene conto delle più recenti ricerche di nuova figurazione…
Franco Grasso
Le passioni di Sicula vivono antiteticamente raccolte e scagliate dal volto senza tempo di un uomo, di un fanciullo, che può essere grido di dolore e di morte, attesa incessante di una realtà da cui tutti attendiamo un frutto migliore. La decadenza di una ideologia e il suo travaglio di materia, raccolta nelle dismorfie delle figure, nella loro smembrata rassegnazione e in quell’oscura volontà di rinnovare, sono emblemi che Sicula forgia col fuoco di una gioventù già vecchia di sentimenti, stanca di promesse, che brucia, nel rogo delle consuetudini ideali, gli ultimi esseri di una realtà forse da dimenticare. A questa angoscia improvvisa, illimitata, Sicula risponde col suo tragico segno di dolore.
Aldo Gerbino
…Egli attua il modo di costruire l’opera su un impianto ordinato, come su una quinta di teatro, ove tutto miri a rendere nel desiderio della scena conclusa ed aperta. Il gioco di questa edificazione prospettica che vibra nella lontananza come un’eco che faccia sentirsi ripetutamente è il primo stadio di tutto questo impianto; ma la centralità funzionante è sempre questo soggetto umano col suo rapporto intimo tra le cose e gli eventi, per questo non certamente ilare, festoso, ma come rappreso, quasi per essere pietrificato, in una impalcatura di vita che quasi non esiste; scenario, diremmo, addirittura triste, rapportato al limite di questo mondo che non è più neppur vegetale e che, sulla soglia dell’umano, non dice parola ed ha qualcosa dell’imminente perdizione. E gli uomini che il pittore vede, anzi gli uomini che vedi, che tu spettatore e protagonista medesimo vedi, non sono altro che esseri quasi automi o larve di se stessi…
Mario Maiorino